Le donne in Nero di Torino manifestano venerdì 3, alle ore 18 in via Garibaldi angolo via XX settembre insieme alla Rete italiana delle Donne In Nero che sarà presente in tante città, il 3 e il 4 settembre, a fianco delle sorelle afghane, per mettere la guerra fuori dalla storia.
Ecco il testo del volantino
Nessuna guerra è giusta
Giustizia e democrazia non si ottengono con le bombe
«È un macabro scherzo sostenere che democrazia e diritti di genere fossero gli obiettivi degli Usa e della Nato. La mentalità dei taliban non è cambiata e non cambierà mai. Continueremo a lottare per un Afghanistan libero indipendente, laico, democratico e giusto» dice una donna afghana.
Afghanistan. In 20 anni di guerra e di occupazione militare gli Usa hanno speso 2300 miliardi di dollari, la Germania 19 miliardi e l’Italia 8,7 miliardi di euro.
La guerra ha prodotto 241 mila vittime, di cui oltre 70.000 civili afghani/e, circa 80.000 soldati dell’esercito afghano e oltre 5 milioni di sfollati.
L’Afghanistan, ora, è un paese devastato, disseminato di mine, senza infrastrutture, scuole, strade, ospedali ma con tante armi, quelle dei talebani e quelle abbandonate dagli occupanti in fuga.
In questo contesto pensiamo alle donne afgane: molte di loro sono state attive nelle organizzazioni non governative, hanno creato case rifugio per le vittime di violenza, si sono affermate come giornaliste, si sono esposte in politica, hanno avviato un reale cambiamento nella società civile. In tante, tuttavia, soprattutto nelle aree rurali, hanno continuato a subire soprusi, stupri, matrimoni forzati e precoci, mancanza di sanità e di istruzione (l’87% è infatti analfabeta).
Il pretesto per la guerra, 20 anni fa, fu quello di salvarle dalla barbarie dei talebani. Ora, nel disastro della ritirata decisa dagli USA, a cui si sono accodati l’Italia e gli altri Paesi della NATO, le donne precipitano nuovamente in una condizione di terrore, di privazione di libertà, di negazione di fondamentali diritti e autonomia.
Questo è risultato di un’impresa militare voluta da quelle potenze occidentali che, nell’assoluto dispendio di vite e di denaro, si arrogano il diritto di decidere della distruzione materiale delle popolazioni, dei corpi, dell’esistenza umana.
Di fronte al tragico fallimento della guerra, chiediamo a chi ne è stato responsabile, ai Paesi dell’Unione Europea e in primis al Governo italiano:
• di assicurare un’accoglienza dignitosa a tutte le persone in fuga dall’Afghanistan, garantendo loro l’esercizio del diritto d’asilo, come previsto dalle convenzioni internazionali;
• di dare supporto e protezione alle donne afghane in fuga, riconoscendo nella loro condizione di rifugiate i segni specifici di una persecuzione fondata sull’appartenenza di genere;
• di utilizzare gli strumenti della politica per tutelare la vita di quanti e quante rimarranno nel Paese, a partire dalle donne e dalle bambine, particolarmente esposte a un regime discriminatorio, violento, misogino.
Lo scenario afghano pretende un cambiamento radicale della politica internazionale, mette in discussione le alleanze militari esistenti, dimostra l’insensatezza della crescita parossistica delle spese militari nel mondo.