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Quante di noi hanno una età per cui possono ricordare che cosa accadde venticinque anni fa, hanno ancora ben presenti le difficoltà e le ansie che hanno vissuto dalla fine di aprile del 1986, quando la nube radioattiva provocata dal disastro nucleare di Cernobyl si è espansa nei cieli d’Europa. Per settimane furono le donne a risolvere i problemi quotidiani del latte contaminato, delle verdure da evitare, delle scarpe dei bambini da lavare, dei funghi al cesio che nel Trentino sono rimasti radioattivi per anni. Eppure Cernobyl era a duemila chilometri di distanza.
Adesso le donne che vivono vicino alla centrale di Fukushima stanno affrontando angosce anche peggiori, ma leggiamo dai giornali che si sono attrezzate con misuratori di radioattività perché, dopo tante reticenze e falsità delle fonti ufficiali, non si fidano delle rassicurazioni e stanno verificando di persona che la situazione è molto più pericolosa di quanto dichiarato pubblicamente.
Le donne non soltanto ora ed allora sono state le protagoniste della tutela della salute della propria generazione e di quelle future, ma hanno anche saputo e voluto allargare lo sguardo al modo di stare al mondo e di agire nell’ambiente, diventando parte protagonista delle iniziative che hanno condotto – in Italia – al rifiuto dell’energia nucleare con il referendum del 1987.
In contrasto con la logica dominante dei grandi impianti e dell’indifferenza ai rischi, l’esperienza concreta delle donne le ha portate ad esprimere “la saggezza della paura”, “la coscienza del limite” e “l’etica della responsabilità”, come vollero chiamarle. Questa stessa assunzione diretta di responsabilità ci convince una volta di più che il 12 e 13 giugno tutte e tutti dobbiamo andare a votare SÌ al quesito sul nucleare.
Prendersi cura delle vite e dell’ambiente rientra in questa stessa prospettiva: come la salute, l’aria e l’acqua sono beni comuni, rappresentano un diritto di tutte e tutti e quindi non debbono essere trattati come merci da cui ricavare profitto. Dunque anche per i due referendum sull’acqua sta a noi tutelare, per ora e per il futuro, la disponibilità collettiva di questa risorsa fondamentale con il nostro doppio SÌ.
Anche la giustizia e l’uguaglianza tra cittadine e cittadini sono un bene comune inalienabile. Fare leggi che servono all’uso privato e ad personam per garantire l’impunità di pochi potenti è una prevaricazione inaccettabile per la convivenza civile, perché mina alla radice la fiducia nella legalità. Gli effetti devastanti ricadono sul senso comune, sulle relazioni tra le persone, sui modi di comportamento di chi si sente autorizzato a perseguire anche interessi illeciti, contando sulla possibilità di sfuggire alle sanzioni in nome della forza e delle complicità che prevalgono sul diritto. Per questo anche al quesito sul legittimo impedimento voteremo SÌ.