La prossima domenica, 17 aprile, saremo chiamate/i a votare per il referendum che tutti ormai definiscono “sulle trivelle”. Come Casa delle donne, rispetto a questo Referendum, c’è però una questione che, prima ancora del merito, ci preme tantissimo portare all’attenzione di tutte noi: autorevoli esponenti del Governo e della politica stanno invitando tutti a non andare a votare.
Invitiamo tutte ad andare, e a prodigarsi per far andare a votare per questo Referendum.
Si tratta della nostra libertà e degli strumenti che abbiamo per esprimerla!
Per noi sono ancora fresche le ferite (bruciano ancora) per l’esito che ebbe l’invito (soprattutto da parte dell’integralismo cattolico) a non andare a votare per l’abrogazione della legge 40 (Procreazione Medicalmente Assistita).
Anni e anni di battaglie legali, per fortuna, hanno poi smontato pezzo per pezzo quella famigerata legge: però, ciò è avvenuto sulla pelle di donne e uomini che hanno dovuto affrontare difficilissimi e dolorosi percorsi.
Oltre a tutto il resto … si tratta di un invito a rottamare anche la nostra libertà e il nostro diritto a esprimerci attraverso i Referendum???
Ecco una breve cronistoria di questo Referendum.
Nel settembre del 2015, Possibile, un movimento politico fondato dal parlamentare Giuseppe Civati dopo essere uscito dal Partito Democratico, aveva promosso la raccolta firme degli elettori a sostegno della presentazione di otto referendum, due dei quali avevano a che fare con la ricerca e l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare e su terraferma, cioè con le trivellazioni. Le 500 mila firme non erano state però raggiunte.
Poco dopo – anche grazie alla pressione esercitata da 200 associazioni, comitati e movimenti –dieci consigli regionali avevano deciso di presentare a loro volta sei quesiti referendari, ai quali il 27 novembre la Cassazione aveva dato il via libera. I referendum erano stati promossi inizialmente da dieci regioni: Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. L’Abruzzo si è poi ritirato. Il governo Renzi era intervenuto allora con una serie di modifiche nella legge di stabilità, che avevano in parte a che fare con i quesiti stessi. La Cassazione aveva dovuto quindi valutare di nuovo i referendum. Dei sei quesiti ne è rimasto in piedi solo uno, quello su cui saremo chiamati ad esprimerci il 17 aprile. E’ evidente che si tratta di un quesito “monco” rispetto alla complessità dei contenuti per i quali in tanti si sono mobilitati.
Invitiamo tutte a informarsi. Su internet ormai dilagano le ragioni del si, del no e dell’annullamento della scheda. Invitiamo tutte ad andare, e a prodigarsi per far andare a votare per questo Referendum.
Si tratta della nostra libertà e degli strumenti che abbiamo per esprimerla!