Coordinamento Cittadino delle Donne per l’Autodeterminazione

Una storia nostra

Il Coordinamento Cittadino delle Donne per l’Autodeterminazione si costituì nel giugno del 2001 nella Casa delle Donne, come conseguenza dell’allarme suscitato in molte dall’annuncio del presidente del Consiglio Berlusconi di voler “cambiare per migliorarla” la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e di “riformare” il servizio sanitario nazionale, a cui si aggiunsero i propositi della Giunta della Regione Piemonte presieduta da Enzo Ghigo (1995-2005, Forza Italia) di modificare il Piano Sanitario Regionale.

Berlusconi manifestò l’intenzione di “migliorare“ la 194 (…) con “un nuovo progetto di legge per una più convinta difesa della vita”, espressione che, da sempre, adombra la messa in discussione della libertà e della responsabilità femminile in materia di procreazione in nome di un astratto diritto alla vita. Le riforme del Servizio Sanitario nazionale e del Piano Sanitario Regionale del Piemonte si preannunciarono come un tentativo di smantellamento del servizio sanitario pubblico.

Insieme alle donne della Casa, del Coordinamento fecero parte donne singole e associazioni femminili, sindacaliste, operatrici e dirigenti del settore sanità, amministratrici pubbliche, consigliere comunali, provinciali e regionali, giornaliste.

Mettendo in sinergia le diverse competenze, vennero prodotti documenti, intraprese azioni e avanzate richieste precise, in particolare nei confronti della Regione Piemonte e del Comune di Torino.

Le prime iniziative

Nel luglio 2001 il Coordinamento partecipò a Roma ad una manifestazione nazionale di donne in difesa della legge 194.

Nel novembre 2001 il Coordinamento Cittadino scese in piazza con una affollata e rumorosa manifestazione.

Arrabbiati… pensa alla salute – pag 1pag 2

Un traguardo significativo fu l’ottenimento nel dicembre 2003 di un Osservatorio Cittadino sulla Salute delle Donne, proposto dal Coordinamento e contrattato con gli Assessori competenti come strumento di tutela della salute, del ben-essere delle donne e di promozione di azioni in difesa di tali diritti.

L’OSSERVATORIO CITTADINO SULLA SALUTE DELLE DONNE

L’istituzione di un Osservatorio cittadino sulla salute delle donne fu fortemente perseguita dal Coordinamento cittadino delle donne per l’Autodeterminazione.
L’Osservatorio fu pensato come strumento per promuovere azioni in favore delle donne, per la difesa della loro salute e del loro ben-essere partendo dal presupposto che una miglior condizione di vita delle donne corrisponde ad un miglioramento delle condizioni di vita di tutta la popolazione.
Dopo un contrattazione con gli Assessori competenti del Comune di Torino – durata un anno e mezzo – e un grande lavoro con la Commissione Pari Opportunità, la Quarta Commissione (salute) e le Consigliere della maggioranza e dell’opposizione del Consiglio Comunale di Torino, nel dicembre 2003 venne finalmente ottenuta la delibera che istituiva l’Osservatorio cittadino sulla salute delle donne, prima esperienza simile in Italia.
La realizzazione dell’Osservatorio fu il frutto dell’opera comune condotta, in situazione di assoluta parità, da rappresentanti di quattro associazioni di donne, fra le quali la Casa delle Donne, rappresentati dei sindacati, esponenti delle strutture tecniche deputate alla difesa della salute delle donne della Regione Piemonte (ASL cittadine, consultori, Azienda Ospedaliera OIRM Sant’Anna).
La prima iniziativa promossa dall’Osservatorio, nel 2005, fu una ricerca sui Consultori pubblici a Torino (svolta dal C.I.R.S.De – Centro Interdipartimentale Ricerche e Studi delle Donne dell’Università di Torino).
La ricerca fu realizzata da un gruppo di lavoro coordinato da Silvia Pilutti. La ricerca venne presentata nel convegno Ricomincio da tre al quale parteciparono numerose/i operatrici/tori dei Consultori.
Nel novembre 2008, in occasione dell’anno della Sicurezza nei luoghi di lavoro, l’Osservatorio organizzò il convegno Equità di genere: proviamo a farci del bene?, lettura di genere sugli infortuni e malattie professionali, in collaborazione con il Servizio Sovrazonale di Epidemiologia ASLTO3, direttore dott. Geppo Costa.
Il convegno era dedicato alla riflessione e al confronto sul tema donna, lavoro, cura e infortuni. Elemento innovativo e specifico di tale iniziativa fu la lettura epidemiologica dei dati in un ottica di genere, confrontata e analizzata alla luce dell’esperienza maturata nei diversi ambiti professionali ed esperienziali.

Iniziative pubbliche sulla salute e l’assistenza

Nel 2001 in diverse occasioni il Coordinamento tenne conferenze stampa e più volte partecipò ad iniziative pubbliche legate ai temi della salute e dell’assistenza, quali ad esempio Forum 32, Torino social forum nel 2001

Le Assemblee cittadine in difesa della libera scelta di maternità, dell’autodeterminazione, della legge 194 e dei consultori pubblici

Nel 2004 il Coordinamento partecipò attivamente alla campagna referendaria per l’abrogazione della Legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita, che pregiudicava gravemente la libertà di acceso alla PMA.
Alla fine del 2005, presso l’aula magna dell’Istituto Avogadro, il Coordinamento tenne affollate assemblee cittadine in preparazione della grande manifestazione nazionale di Milano Usciamo dal silenzio in difesa della legge 194 e dei consultori pubblici.
Da allora l’Aula Magna dell’istituto Avogadro è diventata un luogo simbolo di riferimento delle tante iniziative organizzate ogni volta che sono risuonate minacce diritti e alle libertà di autodeterminazione delle donne e delle persone.
Nel gennaio 2006 il Coordinamento curò l’organizzazione pratica della partecipazione di un migliaio di donne torinesi al corteo che si svolse a Milano.

Per un Piano sanitario Regionale rispettoso delle differenze di genere

Nel 2006, grazie all’esperienza maturata nell’attività all’interno nell’Osservatorio Cittadino sulla Salute delle Donne, il Coordinamento intraprese una collaborazione con gli Assessori alla Sanità – Mario Valpreda prima e in seguito Eleonora Artesio – richiedendo che il Piano Socio-Sanitario Regionale rispettasse le differenze di genere riguardo sia alla programmazione sanitaria, sia alla raccolta e allo studio dei dati sullo stato di salute della popolazione.

Opposizione contro i provvedimenti anti-autodeterminazione deliberati dalla Giunta Regionale presieduta da Cota (Lega) dal 2010 al 2014.

Nell’aprile 2010 in Piemonte si insediò la Giunta regionale di centrodestra guidata dal leghista Roberto Cota. Tra i primi annunci del Presidente Cota dopo la vittoria alle elezioni regionali vi furono quelli di “far marcire il farmaco abortivo RU486 negli scantinati degli ospedali” e di negare il patrocinio della Regione al Pride regionale.
La reazione, da diversi ambiti, fu immediata e, anche in ragione di questo, per la prima volta, il Coordinamento Donne di Torino per l’Autodeterminazione si unì al Coordinamento TorinoPride LGBT per indire il Pride 2010.

Conferenza Stampa Torino Pride 2010

Dopo l’enorme corteo del 19 giugno 2010, il Coordinamento TorinoPride LGBT con il Coordinamento Donne di Torino per l’Autodeterminazione, la Camera del Lavoro di Torino, la Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e numerose altre realtà impegnate a sostenere la laicità e l’autodeterminazione delle persone costituirono il Comitato 19 giugno.

Cota impazza??? Le donne in piazza!!!

Nell’ottobre del 2010, la Giunta Regionale del Piemonte varò una Deliberazione con la quale venne approvato un “Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza”.

Con tale documento, la Giunta Regionale piemontese introduceva i volontari “pro-vita” nei Consultori pubblici e nell’ambito del percorso di interruzione volontaria di gravidanza. Il Protocollo, infatti, ammetteva alle Convenzioni con le ASL unicamente le associazioni che avessero, nel proprio Statuto, il requisito della “difesa della vita fin dal concepimento”.

Il 30 novembre 2010, in un’affollata assemblea all’Istituto Avogadro, indetta dal neonato Comitato 19 giugno, la Casa delle Donne annunciò la presentazione di un ricorso al TAR contro la Delibera Regionale.

Assemblea pubblica 30 novembre

La Casa delle Donne di Torino, rappresentata dalle avv. Mirella Caffaratti e Arianna Enrichens, impugnò, davanti al TAR Piemonte la Deliberazione della Giunta Regionale, con la quale veniva consentito esclusivamente alle associazioni cosiddette “pro-vita” l’ingresso nei consultori familiari pubblici.

IL RICORSO AL TAR DELLA CASA DELLE DONNE CONTRO LA DELIBERAZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE

Come preannunciato nell’assemblea del 30 novembre 2010, la Casa delle Donne di Torino, difesa dalle avv. Mirella Caffaratti e Arianna Enrichens, ha impugnato, davanti al TAR Piemonte la Deliberazione della Giunta Regionale, con la quale veniva consentito esclusivamente alle associazioni cosiddette “pro-vita” l’ingresso nei consultori familiari pubblici.

Ai volontari di tali associazioni veniva consentito di effettuare il primo colloquio con le donne che intendevano intraprendere il percorso di interruzione volontaria della gravidanza, al pari del personale sanitario.

La Casa delle Donne ha ritenuto che il provvedimento della Giunta piemontese fosse illegittimo e fortemente lesivo dei diritti, della dignità e del principio di autodeterminazione delle donne, in quanto imponeva – in un momento di scelta particolarmente difficile e delicato – un pesante condizionamento ideologico da parte di soggetti pregiudizialmente contrari all’applicazione della legge 194/78.

Secondo la Casa delle Donne la Delibera della Giunta Cota violava la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, leggi istitutive dei consultori pubblici, sia a livello nazionale che regionale, il principio di uguaglianza espresso dall’art.3 della Carta Costituzionale ed infine la normativa in materia di protezione dei dati personali.

Il provvedimento impugnato favoriva in modo del tutto incongruo ed illegittimo le associazioni cosiddette pro-vita ed escludeva ingiustificatamente tutte le associazioni che si erano da sempre occupate della tutela della salute delle donne e del principio di autodeterminazione.

Era evidente, infatti, che limitare la possibilità di stipulare le convenzioni con le ASL alle sole associazioni il cui statuto prevedesse la “finalità di tutela della vita fin dal concepimento” costituiva una radicale violazione del principio di uguaglianza, perchè escludeva tutti i soggetti nel cui statuto non fosse previsto tale requisito, senza che tale esclusione fosse in alcun modo giustificabile.

La vicenda ha visto ampia partecipazione; ad esempio sono pervenute al Difensore Civico Regionale, avv. Antonio Caputo, ben 412 richieste di intervento.

Il Difensore Civico ha espresso un parere fortemente negativo sul Protocollo della Giunta e ha richiamato con forza le questioni relative alla compatibilità del Protocollo con la legge 194, con la normativa in materia di privacy, con il ruolo e la funzione dei consultori pubblici e con il principio di laicità dello Stato.

In data 15 luglio 2011, il TAR Piemonte ha accolto il ricorso presentato dalla Casa delle Donne di Torino e sostenuto dalle associazioni di donne di Torino e dalle donne della CGIL.

La sentenza ha annullato la Deliberazione di approvazione del Protocollo della Giunta Cota, nella parte in cui prevedeva la possibilità di ammettere alle Convenzioni con le ASL “unicamente le associazioni che possiedano nel proprio Statuto il requisito della ‘difesa della vita fin dal concepimento’”.

Le avvocate della Casa delle Donne Mirella Caffaratti e Arianna Enrichens, nel commentare la sentenza, hanno sottolineato che il requisito contenuto nel Protocollo e riferito al fatto che le uniche associazioni ammesse alla Convenzione con le ASL fossero quelle che presentavano nel proprio statuto la difesa della vita fin dal concepimento fosse un elemento fortemente ideologico, in totale disarmonia con le finalità della legge 194 e assolutamente non rispettoso della dignità dei diritti e del principio di autodeterminazione delle donne.

Oggi, come sempre, siamo impegnate contro tutti i tentativi, da qualsiasi parte provengano,

di mettere in discussione l’autodeterminazione delle donne, così faticosamente conquistata,

per salvaguardare la libertà di scelta su ogni aspetto delle nostre vite